di Alessio Scarcella - Consigliere della Corte Suprema di Cassazione.
Massima
In tema di salute e sicurezza sul lavoro, i lavori edili rientrano tra le attività che generalmente comportano la necessità di proteggere il capo e per le quali, quindi, è necessario l'elmetto protettivo, a prescindere dal fatto che il suo utilizzo sia specificamente contemplato nel documento di valutazione dei rischi di cui all'art. 28, D.Lgs. n. 81/2008 o dal concreto accertamento degli eventuali sinistri conseguenti alla sua violazione; ne consegue che il loro uso è imposto dalla inevitabilità del rischio individuale, non dal fatto che il rischio stesso sia o meno previsto dalle disposizioni aziendali in materia di sicurezza del lavoro.
Sintesi
Con la sentenza Cass. Pen., Sez. III, 17 marzo 2017, n. 13096, la Corte di Cassazione si sofferma su una questione invero non molto approfondita nella giurisprudenza di legittimità, relativa alla necessità dell’utilizzo di quell’importante dispositivo di protezione individuale rappresentato dal c.d. casco protettivo. La Cassazione, in una fattispecie nella quale l’amministratore unico di una società, esercente attività edile, era stato condannato per non aver fornito di idoneo casco antinfortunistico nessuno dei tre operai presenti in cantiere, avendone a disposizione uno solo, peraltro scaduto, ha respinto la tesi difensiva secondo cui l'utilizzo del casco non sarebbe obbligatorio e ben può esserne sufficiente uno solo, affermando diversamente che l’uso del casco protettivo è imposto dalla inevitabilità del rischio individuale, non dal fatto che il rischio stesso sia o meno previsto dalle disposizioni aziendali in materia di sicurezza del lavoro.
Fatto
La vicenda processuale segue, come anticipato, alla sentenza di condanna emessa dal
Tribunale nei confronti di un imputato condannato per il reato di cui agli artt. 18, comma 1, lett. d), 76, 77, comma 3, 87, comma 2, lett. d), D.Lgs. n. 81/2008, a lui ascritto perché, quale amministratore unico di una società, esercente attività edile, non aveva fornito di idoneo casco antinfortunistico ciascuno dei tre operai presenti in cantiere, avendone a disposizione uno solo, peraltro scaduto.
Ricorso
Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, in particolare sostenendo che la mera presenza di persone all'interno del cantiere non provava che stessero svolgendo attività lavorativa, né le mansioni eventualmente disimpegnate. L'utilizzo del casco, infatti, non sarebbe obbligatorio e ben può esserne sufficiente uno solo.
Sentenza e motivazioni
La Cassazione, nell’affermare il principio di cui in massima, ha respinto il ricorso dell’imputato, in particolare osservando come personale ispettivo della Direzione
Territoriale del Lavoro, a seguito di sopralluogo presso un cantiere edile ove erano in corso lavori di realizzazione di un centro direzionale, aveva accertato la presenza (testualmente) “di tre operai intenti al lavoro [che] avevano a disposizione un solo copricapo antinfortunistico peraltro scaduto”. Secondo la Cassazione, la chiara e precisa affermazione circa il luogo dell'accertamento (un cantiere edile), il tipo di lavori in corso (realizzazione di un centro direzionale), la qualifica delle tre persone ad essi intenti (operai), ed il fatto stesso che vi fossero intenti, la successiva fornitura dei caschi da parte dell'imputato, rendeva inconsistente, in fatto prima ancora che in diritto, il dubbio genericamente sollevato dal ricorrente in ordine all'obbligo della fornitura dello specifico DPI e alla necessità che lo dovessero indossare tutti gli operai.